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I FIGLI DEGLI UOMINI
(CHILDREN OF MEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 dicembre 2006
 
di Alfonso Cuaron, con Clive Owen, Julianne Moore, Charlie Hunman, Michael Caine, Peter Mullan (Inghilterra - Stati Uniti, 2006)
 
L'uomo più giovane del pianeta è appena morto; all'età di diciott'anni. In un mondo è ormai incapace di procreare, la Londra del 2027 si sveglia in una luce crepuscolare all'annuncio della notizia. E' uno dei meriti del film dell'eclettico regista messicano Alfonso Cuaron (Y TU MAMA TAMBIEN e il terzo Harry Potter, da molti considerato il migliore, IL PRIGIONIERO DI AZKABAN): il fatto di situarsi in una fantascienza prossima, fatta non tanto di peripezie più o meno futuribili ma di altre calamità ben altrimenti credibili come sommosse terroristiche, vessazioni nei confronti dei marginali, degenerazioni politiche o poliziesche. Un soggetto – grazie P.D. James - che avrebbe potuto essere appassionante: ma l'abile quanto sbrigativo Cuaron non ne ricava che un fin troppo convulso film di avventura, con la successione più o meno sobbalzante dei soliti intralci. I FIGLI DEGLI UOMINI è un ottimo esempio di cosa succede ad un regista (o vogliamo dire illustratore?) di talento quando non è sorretto da una sceneggiatura coerente oltre che leggibile. Che sappia smorzare i pur sapienti entusiasmi formali delle dominanti cromatiche, della scelta significativa degli sfondi (periferie o impianti portuali in disfacimento, avanzi industriali), del realismo furibondo a colpi di piani-sequenza degli scontri, di una resa cinetica indubbiamente efficace della violenza.

Senza il distacco dall'emozione immediata che solo può conferire l'equilibrio fra le idee e il modo di esprimerle si cade però nei difetti sempre più fastidiosi di un film facile da sopravvalutare. In un simbolismo metaforico di sconsolante, controproducente ovvietà: le bande armate che sospendono il macello reciproco alla vista del neonato fra le braccia della mamma (di colore, cosi vale doppio); le luci che emergono dalle nebbie del caos per accogliere il fragile vascello in nuovo mondo di speranza. In quella sfilza tremendamente sottolineata di tutte le iettature della casistica fine-civiltà, sopraffazione e anarchia, sterilità e apocalisse ecologica, migrazione e repressione.


   Il film in Internet (Google)

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